Il razzismo, nelle sue molteplici espressioni, è un problema sociale trasversale a tutte le aree tematiche dei gruppi di lavoro dell’IF20. L’iniziativa di contrasto al razzismo, avviata quest’anno da IF20, con l’obiettivo di contribuire a portare all’attenzione del G20 i temi della discriminazione razziale e delle disuguaglianze sociali, ha organizzato lunedì 29 marzo un webinar dal titolo “First Peoples, First Racism”. L’evento ha evidenziato le diverse problematiche che leader e comunità religiose si trovano ad affrontare nell’azione di contrasto alla piaga della discriminazione, non mancando di indicare responsabilità e possibili rimedi per arginare e combattere il fenomeno del razzismo. I relatori si sono concentrati sull’eredità storica delle discriminazioni razziali, ma hanno anche offerto riflessioni sulla situazione attuale del Nord America, prefigurando le linee guida e le raccomandazioni che a loro giudizio dovranno accompagnare il processo decisionale del G20 Interfaith Forum che prenderà avvio a Bologna il 12 settembre 2021.
Coordinato da Ganoune Diop, chair dell’iniziativa di IF20 sulla lotta al razzismo, questo primo incontro ha visto la partecipazione, oltre che di Christina Tobias-Nahi, dell’associazione Islamic Relief, di diversi esponenti di popolazioni native americane impegnati in vario modo negli istituti politici ed educativi del Nord America. Leah Gazan, membro Lakota del parlamento canadese, ha raccontato il genocidio che non ha risparmiato i suoi diretti ascendenti e ha al contempo espresso l’importanza di recuperare la memoria storica dei popoli indigeni come strumento di riconciliazione con il passato e di rafforzamento identitario. Michalyn Steele, insegnante Seneca alla Brigham Young University Law School, ha invece ricordato, nel corso del dibattito, come la deliberata distruzione delle lingue indigene d’America, la mancanza di rispetto per i luoghi sacri e l’abitudine a collocare i nativi del continente in un’epoca storica remota fossero elementi inequivocabili di un vero e proprio “genocidio culturale”. Romeo Saganash, in qualità di primo membro indigeno del Parlamento del Quebec (Nazione Cree), ha spiegato come la discriminazione che ha segnato parte della sua infanzia lo abbia motivato a raggiungere la carica istituzionale che oggi ricopre e a dedicare 23 anni della sua vita alla redazione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni che ha visto la luce nel 2007. Ja:no’s Bowen, direttrice del Seneca Language Department for the Allegany Territory, ha infine evidenziato il ruolo ambivalente dell’istruzione, uno strumento prezioso nella promozione della lingua e della cultura delle comunità indigene d’America che se piegato a logiche di potere può facilmente trasformarsi in un veicolo di colonizzazione.
Infine, davanti alla domanda su come includere attivamente i popoli indigeni del mondo nella sfera del dialogo interreligioso, viste le esperienze di vessazione che in passato molte tribù hanno patito per mano di alcune istituzioni religiose, i relatori si sono dimostrati concordi nel sottolineare l’importanza di conservare una stretta correlazione tra luoghi sacri e riti indigeni, coinvolgendo le altre fedi in un’opera di preservazione del patrimonio culturale e rituale di queste tradizioni.